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Paola fa l’infermiera. Sentite cosa dice spesso alla sua collega: «puoi cambiare il turno di martedì sera per favore? Devo andare a fare il referto al tavolo alle mie ragazze della pallavolo». Matteo gestisce con un socio un ristorante. Sa quanto sia preziosa la sua presenza nel suo locale. Ma il martedì sera non lo vedi mai. Ci sono gli allenamenti dei suoi ragazzi categoria Big Small.

Fabrizio fa il manager di una multinazionale. La sua segretaria lo “maledice” spesso perché passa le sue settimane in giro per l’Europa, ma deve sempre trovare il modo di fare “incastri impossibili” con gli aerei per tornare a Milano il mercoledì e venerdì per gli allenamenti dei suoi Top Junior. Leo, puntualmente, litiga ogni settimana con la moglie che gli dice: «ancora una volta non possiamo andare in montagna? Ma quella casa che la teniamo a fare? Non ne posso più delle tue partite e della vita della società sportiva». Poi per fortuna la moglie la trovi a bordo campo a fare il tifo per i ragazzi di suo marito. Chiara allena a basket da quando aveva 20 anni (ora è sopra i 40). Ogni anno dice: “questo è l’ultimo davvero. Sono sicura. Poi, puntualmente, a settembre é lì a fare la preparazione con le sue ragazze. Stefano fa il presidente della sua società sportiva in Brianza. La sua vita quotidiana ormai è dettata da ritmi abitudinari. A Milano in treno per lavoro. La sera scende dal treno e si infila dritto nella sede della società sportiva. Mille faccende burocratiche da sbrigare. Genitori da ascoltare (si lamentano spesso) e via elencando.

A casa ogni sera non prima delle 21... Elisa studia in università. È ancora alle prese con una vita fatta di uscite con le amiche, fidanzato, mille impegni in parrocchia e nel volontariato. Ma guai a toccare il martedì è il giovedì. Ci sono gli allenamenti delle sue ragazze. Impegno al quale non rinuncerebbe per nulla al mondo.

Di storie così da raccontare ce ne sono centomila. Anzi, sicuramente una per ogni allenatore o dirigente di una piccola società sportiva. Sono testimonianze in carne ed ossa di un amore e di un desiderio di prendersi cura dei ragazzi o delle ragazze della propria squadra affrontando ogni sacrificio.

Spesso é proprio questo che i ragazzi non vedono. Ti guardano quando arrivi al campo per stare con loro. Magari si lamentano se hanno giocato poco o se hanno perso domenica. Ad attenderti ci sono genitori che hanno sempre qualcosa da dire e di cui lamentarsi.

Lo fanno in buona fede, ma non vedono i sacrifici e le mille peripezie che affronti ogni settimana per essere lì e per dare tutto te stesso al servizio dei ragazzi. A dire la verità i ragazzi non lo vedono ma lo sentono (sentono, cioè, che gli vuoi bene e che vuoi prenderti cura della loro vita). I genitori un po’ meno e ti scambiano spesso per l’allenatore che arriva lì per vincere le partite. Errori dovuti a miopia quasi inguaribile. Se solo potessero vedere ciò che non vedono…

Massimo Achini

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Se solo vedessimo i mille sacrifici che fanno ogni settimana gli arbitri

 

Claudio fa l’arbitro da una vita. C’é un Claudio che conoscono tutti. É quello sul campo con giacchetta, pantaloncini e fischietto che corre mentre dirige la gara.

Quando va bene finisce tranquillamente e lui passa inosservato.

Quando va male arrivano fischi, insulti e via dicendo.

Rarissimi i casi (ma per fortuna esistono) in cui giocatori o dirigenti a fine partita gli dicono: "grazie arbitro, arrivederci".

Sin qui nulla particolare.

Ma c'è anche un Claudio che nessuno (o quasi) conosce. E non vale solo per lui. Esiste una parte invisibile per ogni direttore di gara. Venite a scoprirla insieme a me.

C'è Claudio che la domenica mattina si alza presto, prepara la borsa e - da solo - corre al campo della sua prima gara.

C'è un Claudio che non fa nemmeno la doccia perché finita la partita deve salire in macchina di corsa e correre ad arbitrare un’altra gara.

C'è un Claudio che arriva a casa il tardo pomeriggio (dopo essere uscito di casa la mattina ed aver fatto magari 2/3 gare) e deve sopportare i rimbrotti di sua moglie che giustamente gli dice: "ma possibile che ogni domenica la stessa storia? Basta con questa passione di arbitrare!". 

C'è Claudio che per qualche suo errore (capita a tutti) non ci dorme la notte. Un giocatore se sbaglia può ricevere l’incoraggiamento dell’allenatore e dei suoi compagni. Claudio no, con quell’errore deve conviverci e superarlo da solo.

C é Claudio che una volta al mese corre in Csi per la riunione tecnica di aggiornamento.

C'è Claudio che partecipa a seminari di approfondimento tecnico e la sera, appena finito il lavoro, corre a casa a studiare sulle dispense le nuove casistiche del regolamento.

C'è Claudio che ha sempre la borsa pronta in macchina... (con sua moglie che urla: "io non sono una lavanderia”). Spesso al lavoro riceve una telefonata dalla commissione designazioni: "senti, l’arbitro designato per la partita di stasera alle 19 ha la febbre. Ci vai tu per favore?". Eccolo che corre via dal lavoro di corsa, con il suo capo che se lo mangerebbe perché aveva promesso di fermarsi per un po' straordinari.

C'è Claudio che tratta la sua divisa come fosse parte viva della sua pelle. La guarda con orgoglio ogni volta prima di indossarla. 

C'è Claudio che si dà da fare per raccolte di solidarietà all’interno del suo gruppo arbitri. C é Claudio che si rende disponibile ad andare a fare il tutor degli arbitri più giovani per farli crescere. 

C é Claudio che si becca una ramanzina infinita perché ha sbagliato una virgola nel compilare il referto (siamo severissimi su questo e su altri aspetti). 

Insomma, la vita di un arbitro non é fatta dei 2 tempi o dei 3 o 5 set o dei 4 quarti sul campo. Dietro c'è una passione immensa e mille sacrifici che non si vedono.

Siamo sicuri che gente così non merita un sorriso a 36 denti ogni volta che arriva al campo: "grazie arbitro buona giornata e benvenuto. Senza di lei non saremmo qui a giocare". 

Siamo sicuri che se sbaglia va insultato e fischiato... non ci passa nemmeno per l’anticamera del cervello di pensare: "arbitro, io i sacrifici che fa lei non li farei mai. Se ha sbagliato pazienza. Capita a tutti". 

Certo, poi ci sono anche arbitri che davvero sono superficiali e che fanno arrabbiare. Esistono. Non lo nascondo. Come esistono i giocatori che si allenano poco e male.

Ma se solo vedessimo i mille sacrifici che fanno ogni settimana gli arbitri che raggiungono i nostri campi... come cambierebbe il nostro modo di rapportarsi con loro.

Massimo Achini

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Gli allenamenti integrati non si fermano nemmeno a giugno.

 
Lo scorso sabato un nuovo appuntamento con Special Olympics, questa volta ospitato dalla SAMZ.
Come sempre un grande successo, una splendida occasione per entrambe le squadre di trovare nuovo amici sull’amato rettangolo verde.

Rosario Di Maria, allenatore della SAMZ, racconta così l’esperienza vissuta da lui e dai suoi ragazzi:
“Iniziamo con un semplice grazie. Semplice come sono i ragazzi di Special Olympics e grazie per aver dato la possibilità alla squadra under 13 della Samz di Milano, di trovare nuovi amici. È stato tutto talmente naturale, talmente spontaneo, che la disabilità non si è assolutamente avvertita.
L’incontro è avvenuto sul campo da calcio della asd Samz in una giornata di sole, lo scorso 2 giugno, tra ragazzi di 12/13 anni. Un bellissimo allenamento condiviso, concluso con partitella tre le due squadre amalgamate insieme con i due mister.
È stato davvero un momento di gioia e comunione, che tutti, sono certo, ricorderemo con tanto piacere. E per finire… Pranzo insieme! Sicuramente a breve si ripeterà l’esperienza assolutamente, che ha unito con tanta semplicità e naturalezza questi ragazzi. E allora arrivederci a presto!”

Una conclusione molto promettente che controfirma il grande successo che questo progetto raggiunge ad ogni appuntamento!

 

da "CSI Time n° 37" a cura del CSI Comitato di Milano

 

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